Microtransazioni: cosa sono e quali sono i rischi
Le microtransazioni come strumento di guadagno. Microtransazioni sono un bene o un male?

Le microtransazioni sono diventate un modello di business molto solido, al punto che i produttori di giochi sono sempre più orientati verso questo espediente che nella normale distribuzioni “pay per use”, ovvero la comune vendite dei titoli retail.
Tuttavia, l’espediente “free to play” è anche un magnete che sfrutta abilmente “l’effetto ricompensa” che i fruitori di videogiochi e prodotti simili sviluppano a contatto con queste modalità di utilizzo. Se da un lato, le microtransazioni permettono alle case videoludiche di ottenere volumi di guadagno maggiori, dall’altro abbiamo una folta schiera di utenti che non vede di buon occhio questo mercato. Vediamo perché analizzando il dietro le quinte di questo particolare settore dell’intrattenimento digitale.
Le microtransazioni come strumento di guadagno
Dai lootbox agli XP-boost, dalle funzionalità multiplayer a il poter sbarazzarsi delle pubblicità fastidiose, le microtransazioni arrivano agli occhi dei gamer come un aiuto gradito piuttosto che una forma di Business.
L’industria videoludica vale già molti miliardi di dollari senza i micropagamenti (e Microsoft che acquita Bethesda per 7.5 miliardi di dollari ne è la prova), eppure i dati mostrano che le micro-transazioni hanno aumentato il valore del settore di un terzo. Quindi c’è una certa intensità – e interesse – nell’uso di queste funzioni.
Lo scopo delle microtransazioni, infatti, è quello di dare un vantaggio rispetto agli utilizzatori che dispongono della versione plain, cioè di base e priva di alcun materiale aggiuntivo, per poter vincere più facilmente e avanzare nelle sessioni di gioco con più agilità e ricompense. Tuttavia, nel mercato dei videogiochi da console o da pc, esistono anche videogiochi retail, quindi venduti prima in negozio o attraverso digital deliver, che consentono l’acquisto di pacchetti aggiuntivi che non inseriscono altro che skin o oggetti che non modificano l’esperienza di gioco ma più semplicemente la cambiano da un punto di vista meramente estetico, consentendo di personalizzarla.
Insomma, c’è una netta distinzione tra il palcoscenico dei micropagamenti e quello, per esempio, del gambling online, dove esistono siti come Voglia di Vincere casinò online che non hanno costi aggiuntivi rispetto alle normali transazioni di gioco.
E questo è anche lo stesso motivo per cui, c’è un rapporto di amore e odio tra microtransazioni e clienti del settore ludico.
Microtransazioni sono un bene o un male?
Quando giochiamo d’azzardo, il primo consiglio che viene devoluto è quello di giocare responsabilmente. Su siti affidabili di casinò è necesario fornire l’età, i dati e a volte la posizione sociale per attestare che all’effettivo, la persona che si prepara a giocare è una persona adulta, e di conseguenza matura.
Tuttavia, esistono modi per aggirare questi requisiti e spesso, essere adulti non implica essere maturi; ma a differenza del settore dei videogiochi, qui viene proposto un protocollo regolamentativo, che quindi controlla gli utenti e gli avvisa su ciò a cui vanno incontro.
Giochi come Fortnite, titolo popolarissimo tra una fascia di età particolarmente critica (12-15 anni), è un free to play, ovvero un gioco gratuito ma con opzioni di aquisti aggiuntivi. In questo caso, non stiamo parlando più di “scommesse” inteso in termini prettamente tecnici, dunque i ragazzi che fruiscono del servizio non sono correttamente istruiti verso un uso consapevole delle microtransazioni. E spesso, il risultato che può derivarne è vedere la carta di credito dei propri genitori prosciugata per poter migliorare un’esperienza meramente intrattenitiva.
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